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RESPONSABILITA’ DEL MAGISTRATO CHE NON ADOTTA PROVVEDIMENTI CAUTELARI NELL’INTERESSE DELLA VITTIMA, POI OGGETTO DI OMICIDIO PER MANO DEL MARITO DENUNCIATO. ACCERTAMENTO NESSO DI CAUSALITA’

La Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sul ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello di Messina, con la quale era stata rigettata la domanda di condanna a carico dello Stato italiano al pagamento di un risarcimento danni a favore dei figli di una donna uccisa per mano del marito, verso il quale la signora aveva sporto dodici denunce per minacce. La Corte di Appello, riformando la pronuncia del Tribunale, aveva invero negato ogni responsabilità civile del Magistrato che aveva omesso di procedere con una perquisizione e/o sequestro nei confronti dell’uomo denunciato, con il quale la moglie aveva in corso una causa di separazione caratterizzata da un’accesa conflittualità per l’affidamento dei figli. La donna era stata poi uccisa sulla pubblica via, con plurimi fendenti di un coltello a serramanico di 9,5 cm di lunghezza, sotto gli occhi di passanti. Hanno ritenuto i Giudici di II grado che si sia trattato di un omicidio non d’impeto, ma accuratamente programmato, e per tale motivo “l’omissione addebitabile alla Procura sia (è) stata eziologicamente inefficiente, poiché la perquisizione e l’eventuale sequestro del coltello non avrebbero impedito la morte della giovane mamma”.
Sulla questione, gli Ermellini hanno ribadito il principio per cui “in tema di responsabilità civile, la verifica del nesso causale tra condotta omissiva e fatto dannoso si sostanzia nell’accertamento della probabilità positiva o negativa del conseguimento del risultato idoneo ad evitare il rischio specifico del danno, riconosciuta alla condotta omessa, da compiersi mediante un giudizio controfattuale, che pone al posto dell’omissione il comportamento dovuto. Tale giudizio deve essere effettuato sulla scorta del criterio del “più probabile che non“, conformandosi ad uno standard di certezza probabilistica che, in materia civile, non può essere ancorato alla determinazione quantitativa-statistica delle frequenze di classi di eventi, la quale potrebbe anche mancare o essere inconferente, ma va verificato riconducendone il grado di fondatezza all’ambito degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto” (le sottolineature sono nostre). Premesso ciò, la III Sez. Civ. della Cassazione ha ritenuto che il giudizio sul nesso causale come effettuato dalla CdA di Messina -che non ha verificato, alla luce degli elementi concreti, la probabilità con cui una perquisizione e/o un sequestro nei confronti dell’omicida avrebbero evitato l’evento di danno- non sia stato correttamente impostato in quanto “anche attraverso una eccessiva frammentazione dei fatti, con conseguente inintellegibile polverizzazione di alcuni episodi, si priva di rilevanza l’antecedente logico, ossia la condotta omessa, poiché si afferma che qualunque potesse essere, l’evento di danno si sarebbe comunque verificato”. Su tali presupposti, la sentenza impugnata è stata cassata e la causa rinviata ex art. 383 Cod. Proc. Civ alla Corte di Appello di Catanzaro.

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