L’art. 21 del D.L. n° 76/2020, collocato all’interno del capo IV titolato “responsabilità”, nel cui ambito è stato anche modificato l’art. 323 del Codice Penale concernente l’abuso d’ufficio, ha introdotto un nuovo periodo all’art. 1 comma 1 della Legge 14 gennaio 1994 n° 20, cioè la legge che regola la giurisdizione della Corte dei Conti e l'”azione di responsabilità”.
Questo periodo, inserito a metà del primo comma dell’art. 1 subito dopo la previsione secondo cui “la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei Conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o con colpa grave” dispone “la prova del dolo richiede la dimostrazione della volontà dell’evento dannoso”.
Nella sostanza, la responsabilità di quanti vengono giudicati di fronte alla Corte dei Conti -funzionari e amministratori pubblici o Soggetti equiparati- viene ristretta entro perimetro più limitato in quanto bisognerebbe dimostrare che l’Incolpato non solo ha agito con coscenza e volontà, o in istato di colpa grave, ma anche che ha voluto l’evento dannoso, il che rende molto più difficoltosa la prova. Vi è, dunque, la concreta possibilità che molti processi già pendenti a carico di Soggetti sottoposti alla Corte dei Conti possano finire più agevolmente con esiti assolutori, tenuto conto che la norma in questione è di carattere processuale, oltre che più favorevole agli indagati, per cui è senz’altro applicabile ai processi in corso.